A nostro avviso dovrebbero, ma il Tribunale ha statuito diversamente il 27 gennaio 2021 nella causa T-817/19, ritenendo sostanzialmente che la coincidenza di un elemento non distintivo comporterà comunque una constatazione di rischio di confusione.
OmniVision GmbH, titolare di un marchio dell'Unione europea “HYLO-VISION” registrato, tra gli altri, per preparati medici, ha presentato opposizione contro la domanda di marchio dell'Unione europea “HYDROVISION” (figurativo) di Olimp Laboratories sp. z oo, designando, tra gli altri, prodotti farmaceutici, compresi quelli per le malattie degli occhi.
HYLO-VISION vs
La divisione di opposizione ha riscontrato un rischio di confusione e la commissione di ricorso (BOA) lo ha confermato. La BOA ha ritenuto che l'elemento «vision» nei marchi in conflitto e l'elemento «idro» nel marchio richiesto avessero un carattere distintivo debole in relazione ai prodotti in questione, mentre l'elemento «hylo» del marchio anteriore era distintivo rispetto a tali prodotti; ha poi ritenuto che i due segni nel loro complesso fossero visivamente simili in misura media, foneticamente molto simili e che, concettualmente, o erano parzialmente simili oppure il confronto concettuale era neutro.
La domanda presentata da Olimp Laboratories al Tribunale non è stata accolta. Il Tribunale ha concordato con la BOA che l'elemento «vision», comune ai marchi in conflitto, aveva un carattere distintivo debole; ha altresì convenuto che il prefisso «idro» presentava un debole carattere distintivo in quanto sarebbe stato percepito dal pubblico di riferimento come riferito all'acqua e, come tale, alle caratteristiche dei prodotti in questione, vale a dire l'azione idratante degli occhi. Infine, il Tribunale ha ritenuto che la HYLO avesse un carattere distintivo.
Di conseguenza, il Tribunale ha ritenuto che i segni in questione differissero concettualmente per la presenza dei prefissi «hylo» e «idro», sebbene fossero, per la parte del pubblico di riferimento che comprende il termine «vision», concettualmente simili in parte. Il ricorrente ha sostenuto, e il Tribunale ha concordato, che, in linea di principio, i consumatori tendono a concentrarsi maggiormente sul primo elemento di un marchio. Tuttavia, in una valutazione complessiva, il Tribunale ha ritenuto che la somiglianza visiva e uditiva dei segni fosse molto elevata, anche a causa della desinenza identica «vision». Ciò, unitamente all'identità tra i prodotti, comporterebbe un rischio di confusione. Le differenze tra gli elementi iniziali 'hylo' e 'idro' non erano tali da evitare confusione.
Questa linea di ragionamento, tuttavia, appare alquanto incoerente con la giurisprudenza della CGUE.
Presi singolarmente, è altamente discutibile se HYLO e HYDRO possano mai essere considerati simili (anche visivamente) in modo confondibile solo a causa della “HY” iniziale e della “O” finale. Ciò è dovuto principalmente al fatto che il significato concettuale di HYDRO è chiaro e specifico (per usare le parole della CGUE) in modo che possa essere immediatamente compreso dal pubblico di riferimento, e quindi la differenza concettuale tra HYDRO e HYLO “può contrastare le somiglianze visive e fonetiche tra loro” (v. ultima C‑449/18 P e C‑474/18 P – MESSI, § 85), anche supponendo che tali somiglianze visive e fonetiche esistessero in primo luogo. Tuttavia, l'aggiunta di un termine come VISIONE, che lo stesso Tribunale riconosce essere debole e descrittivo, cambia l'equazione e la valutazione complessiva sulla confusione.
Anche se non è la prima volta che i tribunali europei riscontrano un rischio di confusione a causa di elementi deboli (qui commentato “UE: Marchi farmaceutici e cosmetici – confusione per elementi deboli"), questa decisione è degna di nota perché il marchio anteriore era composto da un elemento presumibilmente distintivo (HYLO) e, in generale, quando i marchi condividono un elemento con un grado di carattere distintivo basso (o nullo), la valutazione del rischio di confusione dovrebbe concentrarsi sull'elemento impatto degli elementi non coincidenti sull'impressione complessiva dei marchi (cfr. pratica comune CP5). Quindi, se è vero che nella valutazione complessiva i marchi devono essere considerati come un “insieme”, prescindendo solo da elementi trascurabili, la fattispecie sembrerebbe indicare che per segni che condividono la stessa lunghezza e schema, il “valore” di componenti comuni non distintivi/deboli/descrittivi è maggiore di quella degli elementi distintivi. Ciò non è del tutto convincente, anche se non è una novità nella saggezza lussemburghese.
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